È una figura straordinaria quella di Antonino Di Vita (1926-2011), accademico dei Lincei e tra i maggiori archeologi del Novecento. "Il professore" ha narrato la sua vita a Liliana Madeo, giornalista de La Stampa e scrittrice, che l'ha trascritta con affettuosa partecipazione e indubbia qualità di scrittura.
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Da "I racconti del professore" viene fuori una figura di studioso appassionato e appassionante. È instancabile: docente alle Università di Palermo, Perugia, Macerata (dove è preside di facoltà e poi rettore); direttore della Scuola archeologica italiana di Atene dal 1977 al 2000; soprintendente a Roma, Firenze, Siracusa, Di Vita scrive, pubblica, scava, dirige missioni archeologiche: nel 1962 è a Tripoli come consigliere del governo libico per le antichità della Tripolitania. Come archeologo sul campo lavora in Tunisia, in Algeria, in Grecia, in Libia. Riceve premi e onorificenze. Incontra ministri, ambasciatori, uomini dei servizi segreti, il leader libico Mu'ammar Gheddafi e i "fantasmi" di personaggi come Omar al-Muktar, l'eroe della resistenza libica fatto impiccare dagli italiani, e Markos, il comunista ribelle e irriducibile, protagonista della guerra che insanguina la Grecia negli anni Quaranta. Dal 1997 al 2001 coordina 9 missioni archeologiche di università italiane in Libia. Una vita eccezionale, che grazie alla scrittura di Madeo, si legge, fuor di metafora, come un romanzo.